Il momento è delicato, ma nulla è perduto, perché ci sono occasioni da non lasciarsi sfuggire
In poco più di 20 giorni, il panico sui mercati si è diffuso rapidamente raggiungendo livelli difficilmente immaginabili. Una marcia indietro violentissima, aperture al ribasso mai riassorbite, valutazioni di titoli considerati solidi che non si vedevano da almeno 30 anni. Improvvisamente è successo di tutto grazie ad un mix letale dovuto, da una parte, ad un evento imponderabile ed estraneo al mondo dell’economia, il virus COVID-19; ed alle tensioni che si sono scatenate sul fronte del petrolio, dall’altra.
Ma quello che è accaduto nelle settimane appena trascorse, non è annoverabile come un ordinario “ribasso”, come ce ne sono stati tanti nel passato. Questa volta c’è di più.
Sul mercato si è assistito ad un fenomeno piuttosto raro, che si chiama “dislocation”. Una “market dislocation” è letteralmente una “rottura” del normale funzionamento di mercato e si verifica quando nei mercati finanziari, operando tutti contemporaneamente in condizioni di estremo stress, tutte le attività finanziarie subiscono svalutazioni oltre ogni ragionevole misura. Il motivo è perché la discesa del mercato non avviene sulla base di corrette valutazioni delle attività, quanto piuttosto in modo precipitoso e disordinato, sulla base della logica di vendere il più velocemente possibile, “a casaccio”, purchè prontamente liquidabile. Questo è il motivo che spiega perchè nella fase più acuta, anche i classici beni rifugio come l’oro e i buoni del tesoro americani hanno cominciato a scendere anch’essi, non assolvendo più alla tradizionale funzione di protezione. Gli americani descrivono efficacemente il fenomeno con una frase: durante una dislocation: “there is nowhere to hide”, non c’è nessun posto dove nascondersi.
Il sottoscritto, in 28 anni di lavoro di fasi critiche ne ha viste tante, ma ha vissuto solo altre 2 volte una situazione di “market dislocation”. Sono stati eventi che hanno lasciato pagine importanti nella storia: l’attentato delle torri gemelle nel 2001 e il fallimento della Lehman Brothers, nel 2008. Chi può dimenticarli?
Ma ciò che spesso si dimentica è un aspetto apparentemente secondario e da qui parte la mia riflessione.
Nel periodo successivo a quegli eventi drammatici, si sono generate le più grandi occasioni di guadagno di cui io abbia memoria. Approfittando di queste situazioni, c’è qualcuno che ha addirittura fatto i soldi della vita.
Preciso che sono perfettamente conscio del dramma umano del momento. Tuttavia, scusandomi per l’utilitarismo forse un po’ cinico al quale mi costringe la mia professione, sono chiamato al mio dovere di capire in che situazione ci troviamo e come trarne profitto.
Il quadro di riferimento su cui ci troviamo oggi a ragionare è il seguente: c’è stato in poco meno di un mese un violentissimo ribasso, accompagnato da una market dislocation, che ha portato i prezzi di tutte le attività finanziarie al livello di 4/5 anni fa, se non di più. Quindi le occasioni ci sono e nulla è perduto, anzi.
Ma c’è una condizione essenziale da rispettare: crisi come queste devono essere gestite nel modo corretto. Ciò significa che, mai come in questo momento, chi ha investito i propri denari, coadiuvato dal proprio consulente, deve mantenere sangue freddo e mente lucida per evitare di cadere nel più classico degli errori: soffermarsi sulle performance di brevissimo e decidere emotivamente.
I livelli di panico odierni fanno registrare prezzi da saldo su praticamente tutte le attività finanziarie, ma accade oggi, quando le borse sono ancora sotto shock. Domani le stesse ritorneranno a funzionare normalmente ed essere razionali; quindi, il mercato andrà a differenziare tra “losers e winners”, cioè ci saranno attività finanziarie che si azzereranno completamente, perché emesse da aziende che purtroppo falliranno, da una parte; e le altre aziende che invece diventeranno più forti e più grandi di prima, dall’altra. Anche i prezzi dei titoli di queste ultime sono oggi bassi, ma, man mano che passerà il tempo, ritorneranno di nuovo ai massimi, fino a superarli. Quello che viviamo oggi rappresenta, finanziariamente parlando, senza dubbio un’occasione più unica che rara.
Andiamo oltre l’accaduto. La gestione della crisi e le strategie di “recovery”.
Nelle passate due settimane ho fatto qualche decina di conference call e mi sono confrontato con importanti operatori del mondo finanziario. Il quadro comune che è emerso è che quasi nessuno si è salvato; tuttavia non sono pochi ad affermare che l’anno non sia del tutto compromesso. I più convinti sono i gestori più esperti (come Bill Ackman, Alberto Foà, e Davide Serra) che hanno riconosciuto in questa market dislocation un’opportunità d’investimento. Ma è necessario essere proattivi e trasformare quello che può sembrare un disastro, in un’opportunità.
Il sottoscritto ha passato le ultime due settimane nel proprio bunker casalingo facendosi sentire poco. La ragione del mio silenzio è perché avevo bisogno di riordinare le idee per studiare e mettere a punto alcune strategie di recovery, che potessero essere efficaci ed efficienti. L’idea è di creare le premesse oggi per il recupero delle minusvalenze nel secondo semestre di quest’anno.
Sono arrivato ad una conclusione molto semplice: c’è stata una “market dislocation”, siamo in presenza di una situazione straordinaria, quindi bisogna dare una risposta decisa. Gli investimenti in essere erano stati pensati per navigare in condizioni di stabilità. Adesso che c’è stata una frattura di scenario e sono stati stravolti tutti i parametri, ci troviamo proiettati improvvisamente in una situazione “straordinaria”. Bisogna pensare a soluzioni “out of the box”, andare oltre gli schemi a cui siamo abituati prima. Almeno per un periodo, quello che sarà necessario.
Ma come gestire le situazioni di portafogli in perdita?
Sicuramente è vietato lasciare al proprio destino le posizioni attuali, che vanno doverosamente analizzate e gestite una per una. Alcuni cambiamenti saranno necessari, perché consentono di riequilibrare il portafoglio ad una migliore efficienza e consentire tempi più veloci di recupero.
Il lavoro che ho fatto in questi giorni è stato proprio di dare una risposta alla domanda: “Come recuperare i livelli pre-crisi e in che misura è possibile farlo?”
- Ho calcolato il drawdown, cioè l’oscillazione negativa degli investimenti, nel punto di massimo stress di mercato, toccato il 19 marzo. Attenzione a non confondere il “drawdown” (cioè quando scende “sulla carta” un investimento in essere) con la “perdita effettiva” che è quella che si realizza solo allorquando si vende e si chiude l’operazione;
- Tutti gli investimenti sono stati colpiti, nessuno escluso; ma l’impatto è stato diverso, più o meno pesante a seconda dei casi. Pertanto, per ciascun investimento, in base alle sue caratteristiche specifiche, ho calcolato una stima sia della probabilità, sia del tempo di recupero per tornare alla situazione “pre-crisi”;
- Ho diviso gli investimenti in 3 categorie: quelli da tenere in portafoglio ed aspettare, quelli da monitorare strettamente e decidere più in là in base al comportamento e quelli da sostituire subito con altri che reagiscono meglio al recupero e per i quali bisogna approfittare subito dei prezzi bassi;
- Ho stimato la probabilità che si potesse verificare nuovamente un ritorno al punto di minimo. Non escludo questa possibilità, ma il consenso dei vari gestori che ho sentito è che il grosso del ribasso è ormai stato fatto. Poiché nessuno è capace di comprare ai minimi, conviene seguire l’unica strategia efficace in questi casi: rateizzare gli acquisti, entrando un po’ per volta. Non so se questi sono i minimi, ma so che a questi livelli si può già comprare e fare buoni affari.
- Infine, per ciascun investitore ho poi fatto una simulazione con il nuovo portafoglio d’investimenti ed una stima dei tempi di recupero. Le risposte sono diverse a seconda dei vari casi.
Riguardo a quest’ultimo punto, ognuno presenta una situazione diversa. Il motivo è perché ogni portafoglio è personalizzato, costruito nel tempo sulla base delle proprie esigenze finanziarie e della propria personale propensione al rischio. Quindi se da una parte non è possibile individuare una ricetta univoca per tutti, dall’altra é necessario soluzioni diverse a seconda dei casi reali.