Per chi non si limita a guardare la realtà affacciandosi dal balcone per vedere cosa succede nel giardinetto sotto casa, ma ama osservare il mondo dall’alto, c’è una notizia di portata epocale, che però è passata (forse volutamente) un po’ sottogamba sui media nostrani.

Il 15 novembre 2020 è stato firmato il più grande accordo commerciale del pianeta, che è destinato a cambiare la geografia mondiale in termini di traffici e flussi commerciali.

L’accordo è importante poiché copre qualcosina come un terzo della popolazione del pianeta ed un PIL pari 26,2 trilioni di USD. Per dare un senso a questa cifra, un trilione di USD è pari ad un milione di miliardi di dollari!

Peccato che questo accordo esclude totalmente il vecchio mondo occidentale, poiché è stato stretto tra 15 nazioni asiatiche, tra cui Cina, Giappone, Corea del Sud ed Australia, le quali hanno creato la più grande area di libero scambio del mondo.

Dopo quasi un decennio di preparazione, i 10 stati membri dell’ASEAN (Associazione delle nazioni del sud-est asiatico) più altre nazioni hanno firmato il “Regional Comprehensive Economic Partnership”, o RCEP.

Con il RCEP nasce un’immensa area comune con regole economiche libere ed eque per i paesi membri, attraverso l’introduzione di regole che favoriscono il libero flussi di dati, merci e servizi, il trasferimento delle tecnologie, nonché la protezione della proprietà intellettuale.

 

Il più grande accordo commerciale del mondo

 

In sintesi con il RCEP, si sono raggiunti i seguenti obiettivi:

  • Si copre una popolazione di 2,2 miliardi di persone e 26,2 trilioni di USD;
  • Comprende 15 nazioni tra cui Cina, Giappone Corea del Sud ed Australia. Per adesso l’India si è tirata fuori, ma potrà entrare in futuro;
  • Si crea un’unica area di libero scambio, che riduce le tariffe e rafforza gli approvvigionamenti, la cosiddetta “supply chain”, la cui interruzione dovuta alla pandemia globale ha creato enormi danni che saranno sempre ricordati;
  • Si creano nuove regole per il commercio elettronico;
  • In ultima analisi, fa diminuire l’influenza degli USA in Asia.

I vantaggi di quest’area sono l’eliminazione tariffaria su almeno il 92% dei beni scambiati tra i paesi partecipanti, nonché miglioramenti in aree come la protezione dei dati personali online dei consumatori e la trasparenza del commercio elettronico. La semplificazione delle procedure doganali farà sì che almeno il 65% dei settori dei servizi sarà completamente aperto tra i paesi membri, ponendo invece maggiori limiti alla partecipazione straniera.

L’uscita del’India

L’India si è tirata fuori dall’accordo, poiché il governo è preoccupato su come RCEP potrebbe avere un impatto negativo  sui mezzi di sussistenza degli indiani, in particolare delle categorie sociali più vulnerabili. L’India, tuttavia, potrà sempre aderire al patto commerciale, grazie ad una clausola “ad hoc” che le consente l’entrata in un secondo momento. Ciò mostra il forte desiderio della Cina di costruire legami economici con la terza economia del continente.

La preoccupazione dell’India è però condivisibile: il RCEP potrebbe cambiare le dinamiche regionali a favore dello strapotere della Cina, anche se molto di questo dipenderà dalla risposta degli Stati Uniti. L’accordo difatti ricorda come la decisione del 2017 del presidente degli Stati Uniti Donald Trump di ritirarsi da un altro patto commerciale Asia-Pacifico – il “Trans-Pacific Partnership o TPP” – abbia diminuito la capacità degli USA d’offrire all’area asiatica un partner commerciale importante ed alternativo alla Cina.

Una sfida per Biden

E questa sarà una delle sfide più importanti che erediterà il nuovo presidente Joe Biden, anche se rimane ancora incerto il come la nuova amministrazione Biden vorrà affrontare i rapporti con la Cina, come vorrà impostare gli accordi commerciali e se tenterà di rientrare nel vecchio schema TPP ad 11 nazioni.

In ogni caso, le nazioni che fanno parte del nuovo trattato sono convinti che con il RCEP verrà accelerata la ripresa economica dei loro Paesi man mano che si esce dalla pandemia globale. Proprio perché l’accordo renderà le esportazioni dei paesi partecipanti al RCEP meno costose e più competitive, creando vantaggi non solo per la Cina, ma anche per le altre 14 nazioni.

 

I vantaggi per Australia

Ad esempio, gli agricoltori e le imprese australiane beneficeranno di migliori opportunità di esportazione nell’ambito del patto RCEP. Ci saranno maggiori certezze d’investimento per le aziende e vantaggi per i fornitori australiani nei settori dei servizi finanziari, dell’istruzione, della salute e dell’ingegneria. La politica commerciale australiana mira a sostenere i posti di lavoro australiani, aumentare le opportunità di esportazione e garantire una regione aperta con filiere d’approvvigionamento ancora più forti ed integrate.

I vantaggi per l’Indonesia

Anche il governo indonesiano è convinto che l’accordo commerciale aiuterà l’Indonesia a riprendersi dalla pandemia e contribuirà ad aumentare il suo PIL dal 2021 al 2032. Difatti il RCEP potrebbe aumentare le esportazioni fino all’11% e gli investimenti fino al 22% in cinque anni dalla sua ratifica.

I vantaggi per il Giappone

Alla stessa stregua, il Giappone si aspetta che il patto sia un catalizzatore per la sua economia post-coronavirus. Attraverso la rimozione delle tariffe, ci sarà un impatto importante sul miglioramento delle esportazioni del Giappone e sul rendere più efficienti le catene di approvvigionamento di questa regione asiatica. Il Paese punta specialmente ad ottenere vantaggi in termini di interscambio esportando grosso know how tecnologico/ ingegneristico di cui è famoso in tutto il mondo.

 

Come si è detto, quest’accordo esclude il mondo occidentale.

Ma forse l’Europa ha ancora una chance di non essere tagliata completamente fuori dalla partita della crescita mondiale e partecipare all’impetuoso sviluppo che proviene da questa regione. La chance è quella di rimanere collegata al motore di sviluppo asiatico grazie a quella “cinghia di trasmissione” che va sotto il nome di  “Nuova Via della Seta”: la “Belt & Road”.

 

Ma di questo, che rappresenta il più importante progetto infrastrutturale del pianeta e di come si re-disegneranno le nuove vie commerciali mondiali, ne parlerò meglio in un’altra newsletter.

 

Matteo Fini

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