Parafrasando il titolo di un famoso libro (“Gli uomini vengono da Marte, le donne da Venere”), l’immagine è utile per capire in modo semplice la complessità di quello che sta accadendo sui mercati finanziari e nell’economia reale.
In America quando ci si riferisce a “Main Street” (la “strada”, cioè il luogo dove vive la gente) ci si riferisce all’economia reale, quella le cui difficoltà viviamo sulla nostra pelle ogni giorno.
“Wall Street” invece è il mondo della finanza, quel mondo dorato e a volte tutt’altro che razionale, poiché sempre in oscillazione tra gli opposti sentimenti di avidità e paura. È il mondo degli enormi flussi di capitali elettronici che si spostano da una parte all’altra del globo in tempo reale, andando là dove ci sono aspettative di guadagno.
Mai come oggi c’è stata una divergenza così marcata tra Main Street e Wall Street.
L’economia reale, Main Street, mostra una realtà che esce duramente colpita dal lockdown e che, se è vero che sta cercando di ritornare ai livelli pre-Covid, lo sta facendo molto lentamente. Inutile farsi troppe illusioni: tale processo richiederà molto tempo, decine di mesi, se non anni.
A Main Street, la disoccupazione sta salendo violentemente; milioni di persone stanno perdendo reddito; molti settori che hanno peso importante sul PIL (turismo/alberghiero, trasporti, automobilistico ed energetico) hanno subìto una contrazione pesantissima e fanno fatica a riprendersi; il tasso dei fallimenti aziendali sta diventando preoccupante; le grandi aziende vengono nazionalizzate dai rispettivi Stati per evitare la chiusura e l’ulteriore danno della perdita di posti di lavoro. Non si esclude il timore di disordini sociali, qualora la sfida del blocco dell’arginare la perdita di posti di lavoro dovesse sfuggire di mano.
Wall Street invece vive beatamente di vita propria sulla Luna, completamente incurante dei drammi che stanno vivendo i bipedi che abitano quel pianeta chiamato Terra.
La borsa Americana ha fatto registrare il miglior trimestre dal 1998, chiudendo con un rialzo trimestrale del 20%. Impensabile. Ma cosa c’è dietro questo guadagno? Nient’altro che l’inondazione di liquidità generata dagli stimoli monetari della FED e dalle altre Banche Centrali. Questa liquidità è confluita in borsa, scaricandosi sui prezzi delle azioni, ma non è invece ancora entrata nell’economia reale.
Come mai?
Il motivo è che la liquidità messa a disposizione dalle Banche Centrali non si riesce a trasformare in credito disponibile per consumatori ed imprese. Le banche ordinarie, come tutti gli attori economici, hanno la loro propensione al rischio ed è risaputo che questa si contrae, riducendo il credito nei momenti brutti, proprio quando invece c’é bisogno come l’ossigeno.
Un dato che mi ha colpito è che le banche americane, come reazione immediata al primo dato di aumento della disoccupazione, hanno dimezzato i massimali di spesa sulle carte di credito, per paura che con la perdita del posto di lavoro, i clienti non potessero più pagare.
Ed è sotto gli occhi di tutti quello che succede in Italia: nonostante la girandola di miliardi sbandierati dal governo nostrano, in realtà poco sta arrivando ai consumatori ed alle imprese, perché il meccanismo della distribuzione della liquidità attraverso il canale bancario è incagliato, per ragioni ufficiali un po’ pretestuosi, ma facilmente comprensibili alla luce della bassa propensione al rischio delle banche ad erogare credito. Probabilmente la liquidità sarebbe arrivata velocemente ai destinatari, saltando il canale bancario ed utilizzando quello postale, come hanno fatto i francesi, tedeschi e svizzeri.
Quindi se l’oceano di liquidità stampata non si trasforma in credito bancario, allora quest’enorme flusso trova allocazione negli investimenti finanziari. Ma poiché i tassi sulle obbligazioni sono prossimi allo zero, se non addirittura negativi, (cioè è l’investitore che deve pagare, piuttosto che ricevere interessi, per investire in un’obbligazione tedesca), allora la liquidità trova sfogo nel mercato azionario: TINA (There Is No Alternative).
Cosa prospettarsi per i mesi a venire?
Cercherò di non dilungarmi troppo, dando alcuni veloci flash di riflessione:
- I dati dell’economia reale non spiegheranno l’andamento delle borse azionarie, che invece che scendere, potranno avere una buona tenuta o addirittura salire ulteriormente. Ciò a causa dell’abbondante liquidità creata dalle Banche Centrali;
- Poiché il sistema economico mondiale uscirà lentamente dalla fase di shock del lockdown, i dati economici saranno fortemente oscillanti. Le borse subiranno altrettante oscillazioni, ma avranno sostanzialmente una buona tenuta;
- L’unico elemento che potrà far scendere le borse è una ripartenza della pandemia ed un ritorno al lockdown. Questo è un fattore esogeno alla finanza, ma che sto monitorando molto strettamente, perché può sparigliare le carte;
- L’Europa esce da questa crisi molto più forte di prima. Strumenti quali il “MES 2.0”, il Recovery Fund (cioè Euro Bond) e l’iperattività della BCE, erano impensabili sino a 6 mesi fa. Tutto ciò farà percepire l’Europa come una fortezza e l’euro come moneta molto più solida e stabile di prima. Sarà ragionevole che molti flussi di capitali in cerca di stabilità, specialmente quelli asiatici, lasceranno gli USA, dove i rendimenti sono a zero, per essere dirottati verso l’Euro, che vedrà rafforzarsi contro USD;
- È stata forse messa la parola “fine” sul tema di ipotetici consolidamenti / ristrutturazioni dei debiti sovrani dell’area mediterranea, come Italia, Grecia, Portogallo e Spagna; i meccanismi attivati scoraggiano qualsiasi speculazione potenziale;
- Inoltre, l’elevata creazione di liquidità, specialmente in USA, sta creando due premesse importanti, che avranno un impatto sugli investimenti finanziari. Una è stata già citata ed è il futuro indebolimento del dollaro; l’altra è la risalita del prezzo dell’oro.
Affronterò questi ultimi due punti con maggior dettaglio, perché hanno implicazioni importanti sulla selezione futura degli investimenti.
I motivi della forza dell’oro
I bassi rendimenti sui titoli di stato americani agiscono come propulsore per la risalita del prezzo dell’oro. Come si sa, lo svantaggio dell’oro come attività finanziaria è che non paga alcun interesse. Ma quando attività “sicure” come i buoni del tesoro americano pagano un interesse prossimo allo zero, a parità di attività sicura, ecco che l’oro diventa molto più attraente della carta. Inoltre, in un periodo d’incertezza come quello che stiamo vivendo, gli operatori vogliono proteggersi contro l’indebolimento del valore delle attività finanziarie. Ecco che l’oro assume anche la funzione di bene rifugio.
Goldman Sachs ha aggiornato la previsione del prezzo dell’oro, portandola a 2000 $/oncia. Siamo a 1.800 oggi.
L’indebolimento del dollaro prossimo venturo
Sta riscuotendo sempre più consenso tra economisti il tema che un dollaro più debole è proprio quello di cui il mondo ha bisogno per uscire velocemente dalla recessione.In effetti, stanno maturando le condizioni macro economiche, monetarie e politiche affinché questo avvenga. Perché il dollaro debole è una buona notizia?Il motivo è legato al fatto che l’economia americana ne avrebbe un fortissimo impulso. Questa economia, però è la locomotiva del pianeta e l’effetto trascinamento si andrebbe a riverberare su tutto il mondo. Inoltre, il mondo asiatico e latino/americano hanno le rispettive valute ancorate al dollaro, specialmente per la parte dei loro debiti. Un dollaro più basso, vuol dire per loro debiti più bassi e quindi minori oneri finanziari. Pertanto, i due terzi del pianeta beneficerebbe di un dollaro debole. Ne sarebbe esclusa la vecchia Europa, cosa assolutamente irrilevante, visto il peso relativo.
Economisti importanti come Stephen Roach, ex presidente della Morgan Stanley ed attuale professore all’università di Yale, vede un dollaro ritornare ai valori del 2011, cioè al livello di 1.50: si parla di una svalutazione di un -35%, È una posizione a mio avviso piuttosto estrema, ma la sua tesi è argomentata con fatti che stanno guadagnando sempre più consenso a livello internazionale.
La tendenza all’indebolimento del dollaro è di cruciale importanza perché ha un impatto importante sugli obiettivi di rendimento. Ciò impone importanti riflessioni e ripensamenti della politica degli investimenti, ribilanciando opportunamente il portafoglio.
Matteo Fini