Con la fine dell’anno e l’inizio del nuovo è tradizione assistere al festival dei report di analisti che si cimentano nel nobile esercizio di fare previsioni circa il futuro comportamento di borse, valute, mercati finanziari ed andamenti economici di vario tipo.
Un giochino che sono solito fare da un po’ di anni a questa parte è quello di andare a leggermi i vecchi report di scritti l’anno precedente di questi tempi, per vedere chi l’avesse azzeccata.
Volete sapere a quali conclusioni sono arrivato?
È divertente constatare che, nella maggior parte dei casi, poco di quanto previsto si è poi verificato nella realtà e qualora sia capitato è stato più per un caso fortuito. Inoltre, quasi mai capita che quell’analista che abbia fatto una previsione corretta in un anno, ripeta il successo anche per l’anno successivo.
La conclusione è tanto banale quanto ovvia: le previsioni sono per definizione soggette a rischio d’errore, ma la gente ama ascoltare le previsioni, gli oroscopi e chi divina il futuro.
Ultimamente, però, capita che il non prevedibile, l’imponderabile, il caso più unico che raro, il famoso “cigno nero”, diventi un evento meno raro e sempre più ricorrente.
Come mai?
I fattori sono molteplici, ma volendo semplificare al massimo, è l’effetto dell’aumentata complessità dei nostri tempi che rende di fatto impossibile qualsiasi previsione o, anche se esatta, immediatamente obsoleta e superata.
La complessità è figlia di diversi fattori; per citarne un paio:
- La globalizzazione: un fenomeno che ha reso sempre più stretta l’interdipendenza dei fenomeni sociali ed economici. Un evento che si genera in un punto del pianeta, ha impatto immediato in altri luoghi, con ripercussioni più o meno importanti. Esempi di ciò sono il Covid-19 o il riscaldamento globale.
- La tecnologia: lo sviluppo tecnologico non solo ha accelerato il cambiamento, ma anche (la dinamica per cui) lo stesso cambiamento “cambia” in continuazione. Lo sviluppo di algoritmi in grado di interpretare i big data che, nel giro di un battito d’occhio, correlano tra loro miliardi di informazioni apparentemente prive di legami, crea significativi impatti sull’ecosistema. Nella stessa direzione agiscono fenomeni di sempre più ampia portata, come l’utilizzo dell’intelligenza artificiale e la digitalizzazione non solo dei processi produttivi, ma anche dei fenomeni sociali, causando un’accelerazione vertiginosa a trasformazioni storiche, sociali ed economiche. La velocità del cambiamento è tale che a volte non si fa in tempo a rendersene conto che è già troppo tardi per intervenire. Cambiamenti che prima impiegavano molti anni, adesso vengono fatti in pochi mesi, giorni, momenti, senza dare alcuna la possibilità di comprenderli, adattarsi e reagire di conseguenza.
Quando il cambiamento è di tipo “disruptive”, cioè rompe con il passato, crea una discontinuità nei paradigmi conosciuti ai quali siamo abituati, per andare verso nuovi modelli non ancora noti. Ciò genera incertezza, che a sua volta favorisce il manifestarsi di un tipico effetto d’irrazionalità collettiva, potenzialmente molto pericoloso: l’ “herd behavior”, ossia il comportamento di gregge. Il processo che si attiva è semplice: un evento disruptive crea una situazione nuova o poco conosciuta. Non avendo informazioni sufficienti per elaborare una risposta razionale e non potendo attingere alla passata esperienza che ha aiutato a risolvere casi simili, l’essere umano è portato a reagire dando una risposta emotiva: in assenza di informazioni, per istinto ciascun individuo tende a fare un po’ quello che fanno anche gli altri, senza chiedersi se sia corretto o sbagliato. Sono tutte forme di comportamento di gregge le manifestazioni collettive (attualmente consumate più sui social, che non nelle piazze), la formazione di opinioni comuni più o meno vere (come la teoria dei “terrapiattisti”), le proteste di vario tipo e tanti altri processi decisionali quotidiani. Per rifarci a casi concreti vicino a noi, un esempio di “herd behavior” si è verificato alle prime avvisaglie del lockdown con la folla presa dal panico che ha assaltato i supermercati: ricordo che in Inghilterra era andata esaurita la carta igienica, in Italia il lievito…declinazioni culturali dello stesso fenomeno.
In campo economico l’effetto distorsivo del comportamento di gregge può essere devastante ed è osservabile ogni qual volta si manifestano crisi di fiducia, bolle speculative e crash di borsa.
Effetto gregge e crisi di fiducia.
Il comportamento di gregge che si manifesta durante le crisi valutarie si ha quando tutti convertono la valuta di uno stato in beni fisici (come l’oro) per conservare il potere d’acquisto, perché si ha paura che il governo non sia più in grado di ripagare i propri debiti. Ma se tutti corrono ad accumulare beni di primaria necessità e materie prime per evitare la perdita del potere d’acquisto (cioè l’inflazione), questo non farà altro che accelerare ancora più velocemente il processo d’inflazione. L’effetto gregge creerà un’aspettativa auto-realizzante: alla fine farà crollare la valuta e probabilmente porterà a disordini civili.
Effetto gregge, bolle speculative e crack di borsa.
La storia delle grandi bolle speculative del mercato azionario ci mostra che queste iniziano con periodi di acquisti frenetici e finiscono con crolli a picco (“panic selling”). Questi fenomeni sono causati da comportamenti irrazionali guidati da due emozioni: l’avidità di arricchirsi velocemente, che fa salire i prezzi oltre ogni ragionevolezza, e la paura di perdere soldi ai primi accenni di discesa dei prezzi. Ogni singolo investitore si unisce a tutti gli altri, prima nella fretta di entrare perché pensa di perdere un affare; poi, viceversa, di uscire dall’investimento perché vede il proprio capitale evaporare.
Un esempio di questi giorni è rappresentato dalle folli quotazioni del bitcoin o dal prezzo di borsa della Tesla: il valore di borsa di quest’azienda presa da sola vale più di tutto il resto del settore automobilistico mondiale; peccato però che questo valore stride con le vendite della Tesla che è una frazione ridicola rispetto a quelle dell’insieme dei produttori giapponesi, tedeschi e compagnia bella.Ma cosa osserviamo oggi in borsa? Tutti comprano azioni Tesla, a qualsiasi prezzo.
Tutto questo per dire che non solo è difficile prevedere, ma vista la complessità del mondo in cui viviamo, un modello matematico che tenga conto di tutte le variabili in gioco darebbe un unico responso: la soluzione è indeterminata. Tutto il resto sono solo opinioni.
Ma se non è possibile prevedere allora non bisognerebbe mai investire?
Falso: perché anche questa è una posizione estrema.
Se è difficile indovinare i mercati finanziari, invece è assolutamente possibile accrescere le proprie risorse economiche sfruttando a proprio favore i mercati finanziari. Il trucco non è quello d’indovinare cosa faranno nel futuro, quanto piuttosto di avere un metodo razionale per estrarre il valore dagli stessi.
Per dirla alla Jesse Livermore (l’investitore di borsa divenuto famoso per essersi arricchito durante la crisi del 1929,) “I mercati non sbagliano mai, i comportamenti invece molto spesso”.
Quindi piuttosto che fornirvi previsioni che la realtà rischia di rottamare domani stesso, credo che sia più utile da parte mia dare un metodo comportamentale per estrarre il rendimento dai mercati finanziari.
Il segreto è che gli investimenti devono sempre essere legati a degli obiettivi di vita e non alle previsioni dei mercati, e, paradossalmente, gli obiettivi di vita non sono quasi mai finanziari.
Ad esempio, garantire ad un figlio un’adeguata istruzione universitaria, assicurarsi un tenore di vita adeguato quando si smetterà di lavorare, proteggersi da eventi imponderabili che possono far venir meno la salute, compromettendo la capacità di produrre reddito per se stessi o i propri cari.
Tutti questi sono obiettivi non finanziari e rappresentano il “cosa”. Il “come” conseguirli è la strategia per raggiungere questi obiettivi e difficilmente questa strategia è improntata ragionando solo sul breve termine, ma si deve articolare su diversi orizzonti temporali, ciascuno coerente ad ogni obiettivo.
Mi rendo conto che è contro-intuitivo: generalmente si pensa che investire nel breve termine sia più sicuro che nel lungo. È vero il contrario: sul lungo termine anche un investimento molto variabile, come un titolo azionario, genera rendimenti elevati, anche grazie a proventi quali cedole e dividendi, mentre sul breve termine, cedole e dividendi contano poco e una flessione del valore del titolo, potrebbe non essere compensato dalle cedole, se la misurazione viene fatta concentrandosi sul breve termine.
Quindi, i mercati finanziari sono un utile strumento per potere rendere più veloce il conseguimento degli obiettivi, è come se fossero un’automobile, che rende più veloce spostarsi da un punto A ad un punto B. Certo, si può andare anche a piedi (cioè si può non investire mai), ma ci s’impiegherebbe molto più tempo per fare lo stesso percorso.
Ma come in automobile, anche in questo viaggio ci sono regole stradali che bisogna conoscere e che vanno rispettate.
E qui arriviamo ai miei suggerimenti per l’anno nuovo, che sono in realtà 4 consigli tanto semplici da capire, quanto difficili da seguire, sulla base della mia esperienza di anni di lavoro con clienti ed investitori di vario tipo.
1 Non perdere di vista la “Stella Polare”, ossia definire in modo chiaro gli obiettivi e non perderli di vista.
E’ dannoso cambiarli continuamente, influenzati dalle cattive notizie del momento e cadendo nella trappola del comportamento di gregge. L’irrazionalità dell’investitore sotto condizioni di stress è cosa nota e concentrarsi sul breve termine significa aver perso di vista il senso stesso del concetto d’investimento e rischiare di uscirne prima del dovuto, magari in perdita. Ricordo che negli ultimi 45 anni un portafoglio per il 60% da azionario e il 40% obbligazionario non ha mai avuto un rendimento quinquennale negativo.
E’ quindi importante mettere le cose nella giusta prospettiva.
2 Smettere di controllare frequentemente il conto
Uno degli errori più diffusi è quello di guardare frequentemente il saldo del proprio conto. Tale condizione testimonia l’assenza di una strategia di medio lungo temine ed è la via più breve verso una pericolosa distorsione cognitiva: decidere, facendosi sopraffare dall’emotività di breve termine.
La parte emotiva non dovrà farci mai dimenticare che con una buona diversificazione il portafoglio sarà in grado di superare le diverse condizioni di mercato, anche quelle più avverse. In un periodo di incertezza, uscire dal mercato solo perché spaventati dai rendimenti negativi di breve termine accade perché si è privi di una visione di medio lungo termine. Pertanto, controllare frequentemente il saldo del conto è un esercizio non solo inutile, ma addirittura dannoso, perché si rischia che l’emotività ci giochi brutti scherzi.
3 Duranti le crisi, spegnere la TV e dedicarsi a qualcosa di meglio
La maggior parte dei media finanziari si preoccupa più del numero di lettori che non della qualità delle notizie. Sono le notizie negative a trovare spazio ed i titoli a effetto a dargli risonanza. E, purtroppo, non c’è emozione più forte della paura: proprio su questo aspetto lavorano i professionisti della comunicazione per fare audience. Il mio suggerimento è quello di verificare ed informarsi sempre attraverso diverse fonti, allo scopo di mediare gli eventuali eccessi in negativo o positivo e a farsi un’idea più realistica dello scenario che abbiamo davanti.
4 Stringere il “patto di Ulisse” con il proprio consulente finanziario
La leggenda narra di Ulisse che voleva a tutti i costi ascoltare il canto delle sirene. Ma per non cadere in tentazione, Ulisse a mente fredda architetta una strategia razionale: ordina ai suoi marinai di mettersi la cera nelle orecchie per non ascoltare le lusinghe delle sirene, mentre lui si fa legare all’albero maestro, in modo da non poter più manovrare la sua nave. Per fare questo, Ulisse ha bisogno dell’aiuto del suo primo marinaio, non solo per farsi legare, ma – attenzione! – per non farsi slegare nel momento più pericoloso, cioè quando sentirà il canto delle sirene. E questo deve essere finché tutti non avranno raggiunto un punto sicuro stabilito in precedenza. Per portare a termine questo suo piano, Ulisse ha bisogno dell’aiuto del suo primo marinaio, con il quale ha dovuto concordare la strategia da seguire e di fidarsi che la rispetti. Ha stretto con lui un patto.
Lo stesso avviene durante la navigazione nei mercati finanziari. I mercati sono ricchi di sirene tentatrici e mari burrascosi e le nostre decisioni sono continuamente influenzate da distorsioni informative ed emozioni. Per non finire sugli scogli c’è bisogno di una strategia che permetta di superare incolumi i pericoli di questo viaggio. Oltre alla strategia è indispensabile anche dotarsi di un primo marinaio che deve tenere ferma la barra del timone, puntare alla Stella Polare, seguendo la rotta concordata, poiché da soli difficilmente ce la potremo fare.
Non decidere mai da soli in modo unilaterale, ma consultarsi prima con il proprio consulente facendo di quest’ultimo il proprio alleato. Il consulente finanziario è il “primo marinaio” del suo cliente. È necessario elaborare e condividere prima una strategia razionale tra cliente e consulente, per poi stringere un vero e proprio patto. Questo deve prevedere una strategia di comportamento da seguire non quando le cose vanno bene, ma quando andranno male, in modo tale da sapere già da prima come superare al meglio l’altalena dei mercati e delle emozioni fuorvianti che ci inducono a fare errori, qualora lasciati da soli a noi stessi.
Ora, quando si parla di consulenti finanziari, semmai il vero tema è un altro, cioè quello di verificare che la persona scelta abbia tutti i requisititi professionali e deontologici in linea con le nostre aspettative. Ma dopo aver verificato questi aspetti e trovata la persona giusta, bisogna dare fiducia ed ascoltare i suoi consigli. Il proprio consulente oltre ad avere una strumentazione di controllo del rischio più sofisticata della vostra, ha anche una visione più distaccata e meno emotiva rispetto al vostro capitale. È bene non dimenticare una cosa: sia l’investitore, sia il consulente condividono lo stesso obiettivo, ossia la salvaguardia del patrimonio.
Vista la complessità della realtà è assolutamente illusorio, se non da sprovveduti, reputare che si possa fare bene sui mercati finanziari da soli, senza una figura di supporto al proprio fianco, a meno che la propria auto-consapevolezza non induca a reputarci di essere capaci di saper stare sui mercati finanziari così come Giovanni Soldini sa stare in mare da solo!
Quando la navigazione nei mercati finanziari si fa più incerta ed il mare diventa più pericoloso, il rapporto tra cliente e consulente deve essere strettissimo, basato sulla condivisione di una strategia chiara, scambio d’informazioni e totale fiducia reciproca.
Proprio come Ulisse ed il suo primo marinaio.
Auguri a tutti!
Matteo Fini
“Chi sa, non fa previsioni. Chi fa previsioni, non sa”
Lao Tsu (605-531 a.c.), filosofo cinese e fondatore della religione taoista.