Un tempo, quando ancora in Italia esisteva la borsa gridata, tra gli agenti di cambio giravano molte leggende finanziarie. Alcune erano frutto di pura fantasia, altre invece, come molti proverbi popolari, erano dettate dalla lunga esperienza pratica che si è andata consolidando nel corso degli anni.

Una di queste leggende è la “liquidazione dei morti”.

Con questa locuzione i vecchi agenti di cambio erano soliti indicare quel fenomeno stagionale secondo il quale i prezzi delle azioni scendono sino all’inizio di novembre (da cui prende il nome dal 2 novembre, data di commemorazione dei defunti), dove trovano un minimo.

I vecchi volponi di borsa, quindi, attendevano questo momento propizio per fare buoni affari, comprando titoli a prezzi bassi, sapendo che “normalmente” da questa data sarebbe partito quello che, sempre per un’altra leggenda di borsa, viene definito il rialzo (o rally) di fine anno.

Ma c’è qualcosa di scientifico in tutto ciò?

In realtà studi statistici effettuati su osservazioni di numerosi decenni sembrano avvalorare la veridicità di questa credenza.

È stato misurato statisticamente che sui mercati finanziari è vero che esiste il fenomeno della stagionalità, ovvero andamenti ricorrenti che si verificano in certi periodi dell’anno con un’elevata probabilità.

Quindi il trucco per guadagnare è che basterebbe conoscere come si muove la stagionalità ed investire o evitare i periodi interessati.

Voglio precisare: il fenomeno della stagionalità non è una legge fisica certa, quanto piuttosto una ricorrenza statistica, proprio perché i mercati finanziari sono un fenomeno sociale e non matematico/fisico. Quindi se è vero che esiste, è anche vero che in alcuni anni potrebbe non verificarsi, qualora ci fossero forti fenomeni di disturbo che alterano il normale andamento.

Studi condotti sull’indice S&P-500 della borsa americana confermano che, “in un anno normale”, a partire da novembre la borsa entra in un periodo stagionale di forza, cioè sale.

Però quest’anno non è normale, anzi è molto complicato, perché la stagionalità è inficiata da due fattori.

Il primo è sotto gli occhi di tutti: il Covid 19. Dal punto di vista economico/finanziario è quel “cigno nero”, quell’evento raro ed imponderabile che destabilizza praticamente tutti i parametri di riferimento. Questo, oltre ad essere un cigno nero, è anche un elemento “disruptive”, come dicono gli americani, per indicare qualcosa di dirompente/destabilizzante e che segna una rottura tra gli schemi del passato a cui siamo abituati fare come riferimento; e quelli futuri. Infine, il Coronavirus è un fattore esogeno all’economia, imponderabile e NON stagionale.

Il secondo fattore di disturbo sono le elezioni del presidente USA, che hanno invece una loro stagionalità ben precisa (ogni quattro anni). L’impatto delle elezioni è stato misurato.

Come mostra il grafico che segue, gli anni elettorali (linea blu) mostrano statisticamente una performance inferiore rispetto agli anni normali (linea rossa), quando non c’è l’elemento di “disturbo” delle elezioni.

Fonte: Equity Clock

 

La domanda è: quest’anno la stagionalità è stata rispettata? In certa misura sì.

Come ho detto, la peculiarità di quest’anno che lo rende molto difficile da decifrare è che si sono sovrapposti due fenomeni di forte disturbo: il Covid 19 e le elezioni USA.

Se (ed è un grande “se”) il Coronavirus viene “percepito” dalle borse dalle come un problema che si sta superando, allora ritornerebbe la normale stagionalità, la quale ci dice una cosa importante. E cioè che oggi è il primo giorno di negoziazione di novembre, che è il primo mese dei migliori sei mesi dell’anno per il mercato azionario. Negli ultimi 20 anni, l’indice S&P50 ha registrato un guadagno medio del +1,3% ed inoltre novembre è stato un mese positivo il 75% delle volte.

La ragione che c’è dietro è che i gestori finiscono di liquidare i titoli che non vogliono più detenere, liberandosi di quelli in perdita e realizzando i profitti di quelli in guadagno, per poi entrare nell’ultimo mese dell’anno con una situazione “pulita” di portafoglio.

Guardano al mese di ottobre appena passato, mi pare che ci siano tutti gli elementi per affermare che la liquidazione dei morti ha avuto luogo.

Un interessante grafico di Deutsche Bank, mette a confronto l’andamento nell’ottobre 2020 delle varie tipologie di investimenti, ordinandoli dal migliore (a sinistra) al peggiore (a destra).

Si può parlare di “Ottobre Rosso, non nel senso del sottomarino sovietico del celebre film, ma per il colore che ha caratterizzato gran parte delle attività finanziarie. Tanto per dare qualche numero, ottobre si è chiuso con l’indice azionario della più forte economia europea, il Dax tedesco che ha perso il -9,4%, seguito da -5,83% per l’Italia e -2,29% per la borsa USA. Il peggior investimento è stato il petrolio, che ha fatto registrare un calo mensile di quasi il -12%!

È rimasto invariato il mondo delle obbligazioni, mentre molte borse asiatiche non solo non sono scese, ma hanno mostrato anche margini di apprezzamento. Difatti si collocano nella parte sinistra del grafico.

Chiaramente questa dinamica è particolare perché riflette il doppio fenomeno della stagionalità (elemento ricorrente), ma anche dell’impatto del Covid sulle attività finanziarie (elemento non ricorrente).

Isolando quest’ultimo elemento, è interessante notare come a seconda di come si muova il virus nel mondo, le borse dei vari paesi reagiscono in positivo o negativo: laddove l’infezione è percepita in aggravamento, l’indice di borsa registra il calo peggiore. E viceversa, per fortuna.

Nei prossimi giorni, con l’elezione del presidente, molto probabilmente uno dei due elementi di disturbo verrà eliminato. Inoltre, vista l’entità dei ribassi subìti e l’approcciarsi della stagionalità favorevole, sono propenso ad avere una visione costruttiva per le settimane a venire.

Ah…. mi sono dimenticato di dire quali sono gli altri periodi dell’anno con stagionalità favorevole. Prometto che lo dirò in una prossima newsletter 😉.

 

Matteo Fini

 

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