Sta facendo il giro del mondo la notizia del possibile fallimento della cinese Evergrande, il secondo più grande operatore immobiliare cinese.

La notizia sta preoccupando i mercati finanziari, poiché si teme che si possa riproporre il fallimento della Lehman Brothers in salsa cinese, con tutti i danni conseguenti che tutti ben ricordano ancora.

Visto le cifre in ballo, il tema su cui si concentra l’attenzione è quello dell’impatto (o contagio) che può avere questo evento sull’economia e sui mercati finanziari.

Per chi ha seguito da lontano la vicenda, cercherò di riassumere brevemente, dando un quadro di come stanno le cose.

 

Chi è Evergrande?

China Evergrande Group è il secondo più grande sviluppatore immobiliare della Cina. Fondata nel 1996 da Hui Ka Yan, è diventata velocemente un gigante, grazie al ricorso disinvolto alla leva finanziaria prendendo a prestito denaro dalle banche e dal sistema finanziario.

Evergande è titolare di oltre 1.300 progetti di sviluppo immobiliare in 280 città cinesi. Oltre alle costruzioni, il gruppo è attivo anche in un’azienda di veicoli elettrici, una società d’internet e media, un parco tematico, nonché in una squadra di calcio (che non è l’Inter).

 

Perché è successo?

La scintilla è stata causata dall’introduzione di nuove leggi di Pechino, pensate per calmierare l’eccesso di debito presente nelle società private. Secondo la nuova regolamentazione andata in vigore pochi mesi or sono, le aziende vengono divise per categorie: le più virtuose, con pochi debiti, che possono continuare ad accedere al finanziamento bancario; le altre, con strutture di debito oltre determinate soglie definite per legge, che subiscono limitazioni, se non addirittura l’esclusione totale dall’accesso a nuovi finanziamenti. Ed in quest’ultima situazione si trova Evergrande, che, dall’alto della sua montagna di 300 miliardi di dollari di debito e senza più l’aiuto delle banche che non possono prestare i soldi per ripagare gli interessi e rimborsare i debiti, rischia adesso di saltare.

Il problema è che Evergrande, come dice la parola è davvero “grande”, troppo grande per fallire: le relazioni sono non solo con una miriade di banche, ma anche con fornitori e le decine di migliaia di cittadini cinesi che si attendono la consegna delle abitazioni in parte già pagate. Qualora questo operatore saltasse sul suo debito potrebbe causare uno shock non solo sul sistema creditizio e finanziario cinese, ma anche sulla sua economia nel suo complesso.

 

Che impatto potrebbe avere un fallimento di Evergrade?

È il tema dell’effetto contagio, ovvero della sua propagazione ad altri settori dell’economia ed, eventualmente, ai mercati finanziari globali.

Mentre scrivo questa nota, i problemi sono circoscritti alle obbligazioni delle sole società immobiliari cinesi, che sono crollate. Impatto più limitato si osserva sul valore delle obbligazioni delle società cinesi, ma di altri settori (come la tecnologia ad esempio). Invece le borse azionarie cinesi di Hong Kong e Shanghai, deboli già da tempo ancor prima della crisi di Evergrande, fanno registrare ribassi dovuti più all’emotività che non a reali e concreti danni al sistema. Questa è la situazione per adesso.

 

La Evergrande può causare una crisi simile a quella del fallimento della Lehman Brothers?

È questo il punto che si sta cercando di capire, poiché è il più complesso.

L’entità della tenuta del sistema finanziario cinese e della propagazione in altri settori dell’economia reale dipenderà da come agiranno le autorità centrali, prendendo eventualmente misure eccezionali e non convenzionali.

La parte facile la sta facendo per adesso la Banca Centrale Cinese (BPoC), che sta iniettando liquidità nel sistema bancario per far sì che abbia una tenuta.

Tuttavia, la parte difficile è invece quella politica ed è legata alle decisioni che prenderà il governo presieduto dal presidente Xi Jinping, il quale si trova di fronte al dilemma se salvarla o lasciarla fallire.

Il dilemma si pone in questi termini.

Se Evergrande è entrata in crisi di liquidità è dovuto alle nuove leggi volute proprio dal governo di Pechino, che mira, nel lungo termine, ad avere un sistema finanziario più equilibrato, scoraggiando una forma di capitalismo troppo aggressivo che finora era stato tollerato, se non addirittura incentivato, negli anni scorsi proprio dai governi che avevano preceduto l’attuale. Ma contrariamente al passato, il nuovo messaggio che sta dando Pechino è che non solo non aiuterà più imprenditori spericolati che sono diventati ricchi in breve tempo, ma anzi li abbandonerà al loro destino, quindi anche alla possibilità del fallimento.

Ma se Evergrande fallisce creando una voragine, la credibilità del presidente Xi Jinpig ne sarebbe fortemente compromessa, perché sarebbe attribuita a lui la responsabilità del disastro finanziario non solo di Evergrande, ma anche di tante altre aziende minori, come sta già succedendo (il settore immobiliare rappresenta il 30% dell’economia cinese), nonché di banche, effetti nel breve termine causati dalle riforme che egli stesso ha voluto varare.

E poiché l’uomo punta alla rielezione per un terzo mandato presidenziale nel 2022, se la crisi Evergrande gli sfuggisse di mano, rappresenterebbe per lui una seria minaccia per la sua ri-elezione alla guida del Partito Comunista Cinese e quindi alla presidenza della Cina.

Il dilemma in cui si trova il presidente Xi Jinping è proprio questo: lui innescherebbe proprio quella crisi che sta cercando di evitare con le riforme da lui volute.

 

Quali sono i possibili scenari?

La Goldman Sachs ha prodotto tre scenari sul potenziale impatto di Evergrande sulla crescita economica cinese, scenari più/meno gravi a seconda di come le autorità reagiranno:

  1. Contenuta: scenario in cui la ristrutturazione del debito e dell’azienda è ben gestita. Peserebbe per una riduzione del PIL Cinese del -1,4%;
  2. Contagio limitato, più un contraccolpo non grave sul sistema finanziario (situazione simile a quella già vissuta nel 2014). Peserebbe per una riduzione del PIL del -2,4%
  3. Caso peggiore: effetto domino sul settore immobiliare con conseguente effetto domino su altri settori, compreso sul sistema finanziario: – 4,1% di PIL.

 

In conclusione, gli sviluppi e le conseguenze della crisi Evergrande dipenderanno molto da come le autorità centrali cinesi gestiranno questa vicenda.

Purtroppo, la Cina non primeggia in trasparenza e velocità delle notizie (ne abbiamo avuto un recente esempio con il Covid 19); quindi al momento non ci è dato di sapere quale strada verrà intrapresa.

I mercati auspicano una soluzione per un fallimento governato dall’autorità centrale di Pechino, quindi ordinato e pilotato: parte come ristrutturazione del debito verso le banche e parte come cessione delle attività immobiliare ad altri operatori sani del settore. Ma questo è quello che si augurano gli operatori, qui nel mondo occidentale.

Ma i cinesi sono differenti. E non è escluso che gestiranno questa crisi in modo differente.

 

Matteo Fini

 

 

Trucchi per la sopravvivenza

Il blocco causato dalla pandemia ha causato la rottura della catena degli approvvigionamenti. Molte aziende stanno ripensando la loro organizzazione produttiva:  il processo si chiama “re-shoring” delle produzioni nazionali, prima decentrate all’estero.

Gli appassionati di ciclismo, come il sottoscritto, non possono che esultare alla notizia che la Bianchi abbia deciso di riportare in Italia, riaprendo lo stabilimento di Treviglio, la produzione delle sue famose biciclette, su cui Coppi e Pantani ci hanno regalato momenti di grandi emozioni, passati alla storia. E’ un pezzo di “made in Italy” che torna a casa.

Forse non tutti i mali vengono per nuocere….

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