Worlds Apart è il titolo di una famosa canzone di Bruce Springsteen.

La traduzione è “mondi separati” e aiuta a spiegare meglio di qualsiasi altra immagine alcune anomalie che stanno capitando sui mercati finanziari e che mi stanno facendo suonare i campanelli d’allarme nella testa.

Una premessa: erano anni che non si aveva un mese d’agosto tranquillo e privo di turbolenze; ma quello che si è appena chiuso ha fatto registrare anche guadagni piuttosto importanti. Come vedremo, però distribuiti in modo sperequato e selettivo.

Prendiamo il caso della piazza azionaria “regina”, Wall Street.

E’ vero che l’indice principale, lo S&P500 è salito, ma se si fa attenzione, è stato sostenuto dalla performance delle azioni più grandi dell’indice, mentre sono state praticamente escluse le aziende di media e piccola capitalizzazione.

Il grafico seguente illustra quanto sia stata ampia la disparità.

 

Fonte: Bespoke

 

Questo grafico mostra le perfomance da inizio anno dei titoli dello S&P500 ordinate in base alla loro dimensione (capitalizzazione di mercato). Le azioni più grandi sono sul lato sinistro e quelle più piccole sulla destra. Ebbene, i 50 titoli più grandi dell’S&P500 sono aumentati in media del +11,3% da inizio anno, mentre le altre 450 aziende di medie e piccole dimensioni non sono andate altrettanto bene, registrando un calo che va dal -2,0%. sino ad un -15,3%, man mano che le dimensioni aziendali diventano più piccole. Si parla di un divario di ben il 26%!

 

Un altro caso di “Worlds Apart” è rappresentato dal divario che si è creato tra la borsa americana e quelle del resto del mondo. Sempre prendendo in considerazione S&P500, la performance dello stesso tradotta in euro è di +8.58%. Ebbene le piazze europee non hanno affatto seguito: si parla di -15.59% dell’Italia, -16.31% della Francia, -1.63% della Germania e -4.97% della Svizzera.

Divari percentuali a doppia cifra!

Infine, un ultimo caso eclatante di “Worlds Apart” è quello che caratterizza il settore dei titoli tecnologici (ed in particolare i cosiddetti FAANG) da una parte e, dall’altra,  tutto il resto degli settori economici, così come sono rappresentati in borsa.

FAANG è un acronimo che sta per Facebook, Amazon, Apple, Netflix e Google. Se a questi 5 si aggiungono anche Tesla, Nvidia, Alibaba, Twitter e Badu, si ottiene un paniere (che chiameremo FAANG+) dei 10 titoli che sono stati protagonisti di un rialzo che non ha precedenti nella storia finanziaria.

Le azioni FAANG + sono crollate del 34% durante la crisi del COVID. Ma da quando hanno raggiunto il minimo il 18 marzo, le stesse hanno vissuto uno dei rialzi più straordinari al quale un investitore può assistere nella propria vita. Come mostrato nel grafico qui sotto, l’indice FAANG + è cresciuto di oltre il 60% negli ultimi sei mesi ed è più che raddoppiato dal minimo segnato il 18 marzo.

Se si compara questo paniere a tutto il resto della borsa americana rappresentato dal “potente” S&P500, quest’ultimo impallidisce al confronto.

Fonte: Bespoke

Che questo fenomeno cominci a destare serie preoccupazioni è sottolineato anche da un acuto commentatore economico tedesco, Holger Zschaepitz, il quale osserva che “i titoli della tecnologia stanno divorando il mondo. Il rialzo implacabile delle azioni tecnologiche statunitensi ha raggiunto una nuova pietra miliare: ora valgono di più dell’intero mercato azionario europeo per la prima volta nella storia. Si tratta di un cambiamento importante rispetto al 2007, quando l’Europa era quattro volte più grande del settore tecnologico statunitense”.

Il grafico che segue mostra proprio questo fenomeno, con la linea bianca i titoli della tecnologia USA e quella blu l’insieme dei titoli europei (e qui ci sono giganti come Daimler/Mercedes, Basf, BNP Paribas, Eni, Total etc.)!

 

QUALI CONSIDERAZIONI TRARRE?

Il primo effetto di questa separazione dell’andamento dei rendimenti è che è stata messa in crisi la classica strategia di diversificazione di portafoglio. Questa strategia ha pagato poco in questo scorcio d’anno. Gli investitori che avevano prudentemente equi-distribuito i loro investimenti tra le varie asset class (quindi non solo tecnologia, ma anche energia, utilities, auto e quant’altro), adesso con molta probabilità hanno rendimenti prossimi allo zero, se non addirittura negativi. Cosa poi non così astrusa, se si pone nella giusta prospettiva di un contesto di economie reali che fanno fatica a riprendersi dopo la botta del Coronavirus.

Diversamente, se invece si avesse optato per la strada meno prudente della concentrazione degli investimenti, mettendo i soldi su pochi titoli della tecnologia, allora i guadagni sarebbero stati di grande soddisfazione.

Una seconda considerazione, forse ben più importante, è che le quotazioni dei titoli FAANG + sono da bolla speculativa. Esse ormai hanno poco se non addirittura nessun riscontro (come nel caso di Tesla) con il valore effettivo dei fatturati e degli utili delle aziende sottostanti.

Le bolle speculative sono ricorrenti.

Ce ne sono state nel passato e ce ne saranno anche nel futuro: l’importante è riconoscerle. Esse hanno una dinamica abbastanza tipica: si tratta di una specie di ubriacatura collettiva che induce tutti gli investitori, presi dall’avidità di guadagni facili e rapidi, a comprare a qualsiasi prezzo l’attività che va di moda in quel momento. Purtroppo, il tragico epilogo è che quando scoppia la bolla, normalmente si perde tutto, perché non c’è tempo di uscire. O almeno, questo vale sicuramente per i piccoli, poiché i grandi investitori esperti si sono allontanati in tempi non sospetti.

La vera domanda è: quanto tempo potrà durare ancora questo andazzo?

La risposta è difficile. La corsa al rialzo dei titoli della tecnologia potrebbe durare ancora per molto tempo, in quanto è alimentata dalla liquidità creata dalle Banche Centrali. Così come pure potrebbe scoppiare a breve, per un motivo esogeno ed imponderabile. L’auspicio è che il trend rialzista si sposti anche a favore di altri settori rimasti indietro (come il settore dei titoli petroliferi, ad esempio), andando ad allargarsi gradualmente su altri titoli e mercati geografici rimasti al palo. Qualora ciò si verificasse, allora si può dire che il rialzo dei mercati è da considerarsi sano, strutturale e duraturo.

Viceversa, il mercato entrerà in una zona sempre più pericolosa, quanto più correrà sullo stretto sentiero di pochi e limitati titoli, allargando sempre più il solco che c’è tra questi “worlds apart”.

Fatto sta che quando si riconosce che questa è la situazione in cui ci troviamo, conviene non inseguire i titoli tech, quanto piuttosto fare il contrario e cioè rendere più prudenti i portafogli con strategia di copertura e riduzione del rischio complessivo.

 

Matteo Fini

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